In un anno rincari alle stelle dei beni alimentari con il caro bollette che grava su famiglie e imprese
Dal balzo del +58,7% del pane di grano duro al +34,6% della pasta, dall’89,6% dell’olio di semi di girasole al 37,9% delle sogliole, fino al 33,6% dei meloni gialli e al +33,3% delle zucchine continua la corsa dei prezzi dei prodotti alimentari con un carrello della spesa sempre più pesante per i consumatori, mentre è deflazione in campagna con i prezzi dei prodotti nei campi che non riescono a coprire neppure i costi di produzione. E’ quanto emerge dallo studio della Coldiretti Puglia, sulla base delle rilevazioni rese note a luglio 2022 dell’Istituto Pugliese per il Consumo, costituito da 16 associazioni di consumatori iscritte alla Consulta Regionale Consumatori Utenti costituita secondo la legge della Regione Puglia n.12/06.
Il caro bollette, con la siccità che sta tagliando i raccolti, spinge ogni mese l’inflazione nel carrello della spesa alimentare con un aumento complessivo in 1 anno (giugno 2021 – giugno 2022) del +11,1% del banco pescheria, del +37,3% degli oli, del +14% delle verdure, del +10,9% delle carni e del +11,4% della frutta fresca, in una situazione resa già difficile dai rincari legati alla guerra in Ucraina che colpiscono duramente le imprese e le tavole dei consumatori.
Se i prezzi per le famiglie corrono l’aumento dei costi colpisce duramente l’intera filiera agroalimentare a partire dalle campagne dove – continua la Coldiretti regionale – più di 1 azienda agricola su 10 (11%) è in una situazione così critica da portare alla cessazione dell’attività ma ben circa 1/3 del totale (30%) si trova comunque costretta in questo momento a lavorare in una condizione di reddito negativo per effetto dell’aumento dei costi di produzione, secondo il Crea. In agricoltura si registrano infatti aumenti dei costi che vanno dal +170% dei concimi al +90% dei mangimi al +129% per il gasolio.
A spingere i rincari è anche l’aumento della dipendenza alimentare dall’estero è il fatto che nel 2022 le importazioni di prodotti agroalimentari dell’estero, dal grano per il pane al mais per l’alimentazione degli animali, sono cresciute in valore di quasi un terzo (+29), aprendo la strada anche al rischio di un pericoloso abbassamento degli standard di qualità e di sicurezza alimentare, secondo l’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi ai primi cinque mesi dell’anno.
L’Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell’insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l’Italia è obbligata ad importare il 62% del grano per il pane, il 35% di quello necessario per la pasta, ma anche il 46% del mais e il 73% della soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, secondo l’analisi del Centro Studi Divulga.
L’approvvigionamento alimentare è assicurato in Puglia grazie al lavoro di oltre 100mila aziende agricole e stalle, più di 5mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i vincoli, le difficoltà economiche, la ridotta disponibilità di manodopera ai blocchi alle frontiere per i trasporti, un impegno quotidiano senza sosta che è stato sostenuto anche dalle consegne a domicilio, dall’asporto e da importanti momenti di solidarietà verso i 210mila indigenti.
Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni, afferma Coldiretti nel sottolineare che nell’immediato bisogna intervenire per contenere il caro energia ed i costi di produzione con misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro. In questo contesto è importante – conclude Coldiretti - l’apertura del Governo alla nostra proposta sulla defiscalizzazione del costo del lavoro.