Campeggiano i cartelli ‘esaurito’ in molti distributori di carburante ad indicare che le colonnine sono ormai a secco ed il gasolio agricolo risulta quasi introvabile per il blocco della raffineria ENI di Taranto in entrata e in uscita da giorni, con le consegne degli alimenti sulle tavole dei pugliesi e le lavorazioni nei campi della Puglia a rischio. E’ quanto afferma Coldiretti Puglia, in merito allo sciopero non stop degli autotrasportatori davanti alla raffineria ENI a Taranto, in uno scenario in cui l’85% delle merci per arrivare sugli scaffali viaggia su strada. Via via si stanno esaurendo le colonnine nella regione – aggiunge Coldiretti Puglia – per i rifornimenti di gasolio, con quello agricolo che già è ridotto al lumicino.
La produzione agricola e quella alimentare in Puglia assorbono oltre il 10,3% dei 5,578 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (Mtep) all’anno dei consumi totali. In Puglia il settore dei trasporti (34,6% dei consumi finali) si conferma tra l’altro il settore più «energivoro» ed è caratterizzato da un largo utilizzo di combustibili liquidi che coprono il 93,9% dei consumi del settore, ricorda Coldiretti Puglia sulla base dei dati MISE, Terna ed Enea. Senza adeguate ed urgenti misure per calmierare il costo del carburante gli autoarticolati rischiano di non camminare più, con il conseguente stop delle consegne dei prodotti agroalimentari.
L’approvvigionamento alimentare è assicurato in Puglia grazie al lavoro di oltre 100mila aziende agricole e stalle, più di 5mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione tra negozi, supermercati, discount e mercati contadini di Campagna Amica, nonostante le preoccupazioni per la sicurezza, i vincoli, le difficoltà economiche, la ridotta disponibilità di manodopera, un impegno quotidiano senza sosta che è stato sostenuto anche dalle consegne a domicilio, dall’asporto e da importanti momenti di solidarietà verso gli oltre 210mila indigenti.
Senza gasolio si spengono le serre in Puglia – insiste Coldiretti Puglia - con gli agricoltori che devono abbassare le temperature per produrre ortaggi, fiori e funghi coltivati. Ma quanto accade in Puglia – spiega Coldiretti regionale – si abbatte come una tempesta anche sull’attività dei pescherecci e rischia di fermare i trattori nelle campagne aumentando la dipendenza dall’estero per l’importazione di prodotti alimentari quando si deve puntare ad aumentare la propria produzione di cibo recuperando lo spazio fino a oggi occupato dalle importazioni che, come dimostrano gli avvenimenti degli ultimi anni, sono sempre più esposte a tensioni internazionali e di mercato che mettono a rischio la sovranità alimentare del Paese.
Con il caro benzina tra l’altro – sottolinea Coldiretti Puglia – sono cresciute le spese di trasporto con l’85% delle merci viaggia su gomma. In questo scenario pesa il deficit logistico italiano per la carenza o la totale assenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.
Una situazione che – sottolinea la Coldiretti Puglia - aggrava le già pesanti difficoltà della filiera agroalimentare costretta a far fronte a pesanti aumenti dei costi di produzione per le materie prime e l’energia la capacità di autoapprovvigionamento alimentare del Paese in un momento di grandi tensioni internazionali con accaparramenti, speculazioni e limiti alla circolazione delle merci e venti di guerra sotto la spinta dell’attacco della Russia all’Ucraina che soffiano sui prezzi di gas e carburanti, per cui si rischia di dover buttare i prodotti salvati nelle campagne dalla difficile situazione climatica.
A subire gli effetti dei rincari – conclude la Coldiretti – è l’intera filiera agroalimentare, dai campi all’industria di trasformazione fino alla conservazione e alla distribuzione. Su questo scenario pesa il deficit logistico italiano per la carenza di infrastrutture per il trasporto merci, che costa al nostro Paese oltre 13 miliardi di euro, con un gap che penalizza il sistema economico nazionale rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea.